Effetti avversi degli inibitori di pompa protonica
in un recente articolo pubblicato su JAMA Internal Medicine alcuni ricercatori statunitensi riportano i dati sugli effetti negativi dell’uso, spesso eccessivo, degli inibitori di pompa protonica, largamente impiegati negli USA (ma anche in Italia, come rilevano i dati OsMed) per il trattamento della dispepsia e per la prevenzione del sanguinamento gastrointestinale nei pazienti cui è prescritta una terapia antiaggregante. Gli studiosi, sulla scia di precedenti analisi effettuate già a partire dal 2010 nell’ambito degli approfondimenti “Less is More” della rivista scientifica, hanno condotto una serie di revisioni sistematiche portando ulteriori elementi a supporto della tesi di una sovra-prescrizione dei PPI, nella convinzione errata che tali medicinali comportino scarsi effetti collaterali.
In realtà, molteplici studi osservazionali di alta qualità hanno documentato probabili nessi causali con l’uso di PPI e reazioni avverse, fra cui aumento di malattie renali acute e croniche; fratture; ipomagnesemia, infezioni da Clostridium difficile e polmonite; rischio cardiovascolare.
E’ quindi importante – concludono gli autori - prestare molta attenzione nella prescrizione di PPI nei pazienti ad alto rischio per una di queste condizioni. In tutti i pazienti e specialmente in quelli che utilizzano dosi elevate di inibitori di pompa devono essere monitorati i livelli di creatinina sierica e di magnesio, vista l'associazione con l’insorgere di malattie renali e bassi livelli di magnesio. In generale, si raccomanda di discutere sempre con il proprio medico potenziali rischi e benefici del trattamento e la possibilità di ricorrere ad alternative terapeutiche valide, insieme a modifiche dello stile di vita.